Fabrizio Ciccarelli
Jazzitalia
Folk Frontiera di Giovanni PalomboChitarrista e compositore romano, di cui piace ricordare la partecipazione all'interessante progetto world "Zen Bel Jazz" e a quello più smooth "Albacustica", attivo nell'Acoustic Trio da 4 anni assieme ai due abili strumentisti Feliciano Zacchia e Francesco Lo Cascio, Giovanni Palombo presenta nel suo "Folk frontiera" dieci brani densi di sensibilità espressiva, ricchi di una sintassi musicale polimorfa tendente ad esaltarne il cromatismo, per le tante incursioni meditative fortemente chiaroscurali e per l'indubbia sensibilità di fondo che sembra pervadere l'album in toto.
Il suo, come sappiamo, è un fingerstyle decisamente proteso alla costruzione di melodie ampie, di architetture sonore improntate tanto all'improvvisazione jazzistica propriamente intesa quanto alla coloritura di trame latine, etniche, folk, persino soft rock, tanto risulta vasta la cultura musicale del Nostro.
Può dunque giungere a chi ascolta un paesaggio espressivo composito, un mèlange stilistico connotato da un pathos intenso, da una passionalità dell'anima rarefatta, coinvolgente tanto più l'autore Palombo libera la propria intuizione in fraseggi lievi ed impressionistici, talvolta notturni nei cantabili – specie in quelli di matrice quasi bachiana – che pongono in luce una capacità introspettiva al di fuori di ogni déjà écouté. Di questo, prova ne sia "Il treno di Madrid", in memoria dell'attentato che tutti ricordiamo.
L'interplay fra i tre assume a volte movenze che paiono scandire spontanei rimandi a quel maestro dell'approccio armonico che fu Astor Piazzolla, equilibrando nuances sfuggenti e delicate, sospese in un dialogo morbido, "sibilante" si sarebbe tentati di dire, poetico e fluido nell'esposizione.
Il disegno d'assieme è immediato, segnato da un tocco di evidente personalità, non di rado "virtuoso" ma mai fine a se stesso; l'ardore introspettivo sembra maturo, svelato nei tratti più intimistici, come in "Profezia dell'Armeno" o nel brano che dà titolo all'opera: note che fluiscono spontanee, proposte con garbo e precisa personalità artistica, specie quando Lo Cascio tesse le sue forme dissolventi in gradevole dialogo con il clarinetto di Gabriele Mirabassi o con l'accordion di Zacchia.
Per ogni composizione il tempo dell'ascolto può dilatarsi piacevolmente, lirico e carezzevole, fino a "Lunare", coerente conclusione di questa "frontiera" dai limiti sconosciuti, un suono del ricordo una volta ancora senza tempo.
Fonte:
jazzitalia.net